Grazie e auguri. Si legge in una relazione del 1883: «Vi sono delle classi di operai e di braccianti che, per mancanza di mezzi e per la piccola retribuzione che ricevono in ogni lavoro, vivono molti giorni di sola polenta di formentone, o non condita, o assai male. Cantand e stufland l’andé a cà drétt e con la cièv l’avérs la pórta e l’óss, mai cardand che a rubèrî i su dirét in tla só stanzia qualch d’ón ètr ai fóss. Léttra fâta, arspôsta aspèta = Lettera scritta, aspetta risposta. Al vilàn impgnarévv al gabàn, par magnèr û, furmâi e pan = Il villano impegnerebbe il “gabbano”, per mangiare uva, formaggio e pane. Quando si impara che una donna ha avuto un’avventura, tutti ci provano. «Psàirs gratèr al cûl d’cuèl» (Potersi grattare il sedere (almeno) di qualcosa), rinunciare a ottenere qualcosa che è impossibile avere. Par cgnósser un Bulgnàis, ai vôl un ân e un màis: pó, quand tl’é bàin cgnussó, l’é un gran baran futó = Per conosce un Bolognese, ci vuole un anno e un mese; poi quando l’hai conosciuto, è un gran barone fottuto. Un abbraccio. P.S.Scusate gli errori, ma vi sono paciute? Spesso, prima di mettersi le scarpe, i contadini arrivavano al giorno di Santa Caterina d’Alessandria (25 novembre). Nel XII secolo l'abbazia raggiunse una notevole prosperità, ma, a causa della sua posizione al confine tra il Marchesato del Monferrato e il Ducato di Savoia, fu teatro di continui scontri armati tra le due casate. Per indicare un bravo giocatore di pallone «spetâcuel ed żugadåur da balån». In certe famiglie contadine erano anche venerate immagini mariane non propriamente bolognesi, come la B.V. della Fratta, quella di Forlimpopoli, di Coraglia, del Bosco, del Monticino, della Commenda, del Fuoco, delle Grazie, importate da famiglie dalla Romagna, o la Madonna della Ghiara venuta dal Reggiano. Tri ân una zèda, trài zèd un can, tri can un cavâl, tri cavâl un ômen = Tre anni una siepe, tre siepi un cane, tre cani un cavallo, tre cavalli un uomo. Una bèla mujèr, l’ha da èser una bèla abrazè = Una bella moglie deve essere una bella abbracciata (deve essere formosa). L’antico dialetto bolognese è un po’ un’emozione. «Al mand l é bèl parché l è vari» (Il mondo è bello perché è vario). Sia il soldato sia l’esploratore sono furbastri del deserto. Quando avrò finito i “detti bolognesi”, metterò in evidenza tutti i contributi, che i lettori di questo blog, stanno inserendo. Al zîl am’guèrda da la palver ed znèr e dal sói d’agast = il cielo mi guardi dalla polvere di gennaio e dal fango di agosto. Andèr za da cuntadén = Andare giù (smettere) di fare il contadino. Grazie ancora e un abbraccio. Córrer la cavalénna = Correre la cavallina. A Bologna “Ander a Balùs” vuol dire andare bene, in un bel posto, con una bella compagnia. Èser tacch int’al “nomine patris” = Essere tocco nel “nomine patris” (la fronte). La fîvra di spunción = La febbre degli adolescenti. Ai magrissimi gli spiritosi dicevano: «stécc…qué stasîra?», giocando sulla parola «stécc» (stecchi) e «stèt» (stai). Ne vennero fatte delle false che, ad un occhio attento, si distinguevano perché il collo di Vittorio Emanuele II era, nelle false, alquanto più lungo. (Non ci fu mai una bella scarpa che non diventasse brutta ciabatta). Considerato un peso specifico del grano di kg 75 per ettolitro, uno staio di grano pesava circa kg 29,500. «Fèr l èṡen pr an paghèr al dâzi» Fare l’asino per non pagare il dazio. Rimescolo / agitazione interiore / confusione Al pâs pió lóngh l’è quall dla pôrta. Il giorno di San Luca Evangelista cadeva il 18 ottobre. Un abbraccio. «Picâj» significa gambo, fermaglio. Ad ogni modo, anche se l’avessi, a lei non glielo darei. Oppure: «Chissà quant t in fè del via crucis» (Chissà quante ne fai delle via crucis): le “via crucis” erano l’insieme delle soste nelle varie osterie. Il suo culto sostituì gradualmente quello di santa Eurosia de’ Jaca, spagnola anche lei. Le bacche le servono per cibo, le foglie la riparano dal sole e la nascondono ai nemici. Il ritmo della vita era scandito dall’alternarsi del giorno e della notte. I cazadûr, indóvv i n’arîven con la balénna, i arîven col bâl = I cacciatori dove non arrivano con il piombo (pallini), arrivano con le bugie. L’âqua quàida, l’é qualla ch’bâgna = L’acqua cheta è quella che bagna. Il suo organo musicale soffiava da tutti i buchi, tranne che da quelli corrispondenti alle note, per cui le suonate riuscivano qualcosa di indescrivibile. Sono sempre più dell’idea che il dialetto andrebbe conservato vivo, invece i giovani di oggi non solo non lo parlano ma non lo comprendono ! «Ch’la m scûṡa, Argia», dice,«m’inprastaréssi un franc?» (Mi scusi, Argia, mi presterebbe una lira?). Tuttavia un avvertimento è d’obbligo. Tiro / v. verbo tirare o colpo, ecc. A volte noi Italiani non ci rendiamo conto del patrimonio culturale che ci offre questo piccolo paradiso chiamato Italia. Chi zàirca acâta e chi dmanda impèra = Chi cerca trova e chi domanda impara. Tra le donne, Sant’Anna era invocata dalle partorienti, Santa Lucia per la vista e Santa Apollonia (Santa Pulônia) contro il mal di denti. L’asiôl è un orbettino, una piccola biscia. Ormai non so piu’ con chi parlarlo, per fortuna abito in un paesino vicino Budrio, cosi posso parlare in dialetto con un po’ di persone. E pensare che c’era gente «Ch’la lighèva i can con la susézza» (che legava i cani con la salciccia). Persona gentilissima, si accorse che scrivevo delle irregolarità soprattutto negli accenti da mettere e mi scrisse offrendosi di correggere il tutto. Dscàrret o chèghet? Ho cercato di mettere gli accenti giusti, come mi ha insegnato Luigi Lepri, ma non so se ho fatto bene del tutto. Ch al pèr quall ch dé la lanzè a noster sgnaur, cum èla. Un grazie anticipato Federico Maderno. A lónna setembréina, sét lónn s’inchéina = Alla luna settembrina, sette lune si inchinano. Filastrocca – o conta- di un gioco di bambini. Bèli canzunàtt, padrån! «S’la mi fà ch’a n al sèva, s’al sò ch’a séppa cuntänt par psair vîver in pèṡ e chiêt mé, lî e ló» (Se me le fa che io non lo sappia, se lo so, che io sia contento per poter vivere in pace e quiete io, lui e lei). In quell’anno caddero piogge torrenziali per tre mesi interi, aprile, maggio e giugno, mettendo a repentaglio il raccolto. La vècia per pôch la bâla, ma par trôp la s’astóffa = La vecchia per un poco balla, ma per troppo si stanca. Gli fai onore. Un suldè dal Pèpa (o dal Ra Pipén) = Un soldato del Papa (o del Re Pipino), si diceva di un giovane imbelle, con scerse attitudini militari. A cócc’ e spintón = A irti e spinte. Ciao e grazie Scûrta al buratèl, che mé a smôrz al mi fanèl = Accorcia l’anguilla che io spengo il mio fanale (il mio lume). Un màis prémma ed’Nadèl, un màis dapp’al Nadèl, l’é l’invèren naturèl = Un mese prima di Natale ed un mese dopo Natale, è (la durata) naturale dell’inverno. Ónna cûs e pó la taja onna fa i capi ed paia E’ sempre un onore essere e sentirsi “bolognesi”. Èser int’la mérda insénn ai ôc’ = Essere nella merda fino agli occhi. An i é bèrba d’ômen ch’î arîva = Non c’è barba d’uomo che lo raggiunga. Avàir l’infingardîsia int’agl’ôss = Essere pigri per natura. Fèr agl’i ôs in quèl = Abituarsi a una cosa. Ai pràmm pió la camîsa, ch’an fa al zibàn = Gli preme più la camicia che il giubbone. La chèren di sumâr l’é avviè al bastàn = La carne del somaro è abituata al bastone. A forza di fare cambi, al posto di una cavalla, rimase una gatta. Il marito apriva gli occhi, sorrideva e la moglie diceva: «As vadd ch’l à durmé in brâz ai ànżel ». Chiara. La torre ha un'architettura alquanto stravagante sulla quale si aprono finestre a sesto acuto, bifore, trifore e balconate; ha sette lati, è completamente costruita in mattoni e raggiunge l'altezza di 52 metri. Chi pîgra as’fa, al lauv la mâgna = Chi pecora si fa, lupo la mangia. andaggna o staggna ? Usava dir così «cla dòna». Nel mondo contadino ne esistevano una quantità sorprendente. Anch’io la conosco e sarà trascritta nella prima parte di questi detti antichi bolognesi. I prémm in fónn mai sàinza = I primi non rimasero mai senza. S’an vèl la rasàn, a druvaró al bastàn = Se non vale la ragione, userò il bastone. Con di garavlén as ‘fa di grâp = Con dei racemoli si fanno i grappoli. La bîstia l’é una caraggna dapp môrta; l’ômen l’é caraggna anch da vîv = La bestia è una carogna da morta: l’uomo è una carogna anche da vivo. Èser ed ‘sèt côt e una buîda = Essere di sette cotte e di una bollita: essere adatto ad ogni cosa. A magnèr dal castâgn crûdi, ai vén i bdûc = A mangiare delle castagne crude, vengono i pidocchi: era un’antica credenza popolare (forse per distogliere i bambini dal mangiarne troppe). Ancora oggi c’è qualcuno che, in prossimità del Natale, incontrando un conoscente dice: «Ôv dûri» (uova sode), invece di Auguri, giocando sul suono delle parole. La zónta era la parte di ossa e di tagli scadenti che il macellaio aggiungeva alla carne da brodo. Chi n’sa zughèr, zûga danèr = Chi non sa giocare, giochi denaro. «Sai» gli dice, «una mia amica afferma che la tua testa è tanto grossa da non entrare nel mezzo staio. La m à bèle da dèr dîs sôld». Anche di persone che si lamentano senza motivo. Se il nonno e la nonna vogliono parlarsi in confidenza di cose delicate e personali, senza che i nipoti capiscano, debbono esprimersi in bolognese. Al zûgh l’è bèl quand l’è cûrt = Il gioco è bello quando è breve. Fa dei ragionamenti stupidi. Qui, da noi, invece, pare che parlare dialetto sia qualificare le persone come popolane, incivili, incolte e così via. Chi va a nôz, va a bambôz = Chi va a nozze va a (lett. Un bèl zûgh al dûra pôch = Un bel gioco dura poco. Forse perché beve vino? Dîs Dan Dundén, che tótt i dé, Dio dà di dón = Dice Don Dondini che tutti i giorni Dio reca doni. Amaur e nûs ins’pólen tgnîr d’arpiat = Amore e noci non si possono nascondere. Grazie ancora per la sensibilità e per l’amore della mia città. Roberta. Si racconta che, durante un’epidemia di colera, nel 1885, stanco per il gran lavoro, una notte si addormentò, disteso per terra, con la testa piegata sul petto. Spórch cómm un ninén = sporco come un maiale ed è buffo sottolineare come il maiale si chiami “ninén” a Bologna, “busgàtt” a Ferrara e “baghén” a Ravenna. Par Santa Madalàina, as’mèd l’avàina = Per Santa Maddalena (22 luglio), si miete l’avena. La campana d’San Simän la campena ed fra simon L’amaur pâsa i guant e l’âqua i stivèl = L’amore passa i guanti e l’acqua gli stivali. Contenuto trovato all'interno – Pagina 411Attualmente degli antichi edifizi non rimangono che la chiesa ed il ... sorge il castello di San Martino , celebre nelle vicende comunali del secolo XIV . Se il cliente era indifferente rispondeva: «Mé a sän da ôv e da lât». Lo si parlava in negozio, raccontando chi era morto (“A ‘n srà mia véra!”), chi è nato, chi aveva sposato chi (“ Chi el tólt”), durante le rare feste da ballo invitando una ragazza a ballare, al tavolo da gioco, con un pugno da spaccare il tavolo nella bussata e una bestemmia che davvero sembrava spaccarlo in due, quel tavolo. Bûs dal cûl ajùtum è un’invocazione scherzosa. «Òrpo» esclama il buongustaio con la bocca piena «quissti sé ch’ i én turtlén ch’i s fan dèr dal ló». Màila côta, câca fâta = Mela cotta, cacca fatta. È difficile per una donna resistere a regali preziosi. Andèr in spèda = Andare in spada. La luntananza sèna tótti al piègh = La lontananza risana tutte le piaghe. I funghi abbondano negli anni piovosi. Durante l’ultima guerra giunse da noi un blattoideo più piccolo di color tabacco, la Blatella germanica. Il contratto aveva la durata di un anno. Èser ban da cûl e da pônta = Essere buono (capace) ad ogni gioco, ad ogni cosa. Al ninén, ch l’avèva sintó incósa, al curé dal cavâl: «Disó, zàirca bàn ed magnèr, sinchenà al cuntadén at mâza!». non con la terra dei cimiteri, Essere da uova e da latte. Chi n’ha vargagna, tótt al mand l’é sô = Chi non ha vergogna, tutto il mondo è suo. Indrî ch’mé i mlón = indietro come i meloni. Se fosse morto il maiale, in una famiglia contadina, voleva dire fare la fame per un anno. speradisole novembre 27, 2010 alle 11:01 pm | Modifica | Replica LibriVox is a hope, an experiment, and a question: can the net harness a bunch of volunteers to help bring books in the public domain to life through podcasting? Camminare con lena. Inamurè cumpàgn a un gât ràss = innamorato come un gatto rosso. La vocazione agricola del comune si è ridotta in proporzione alla cresciuta domanda industriale, ma nel territorio si coltivano ancora ortaggi, fiori e soprattutto fragole, per le quali il paese è famoso. Ernesto de Martino: dalla crisi della presenza alla psicopatolgia. Il vino migliore, infatti, perché è buono, viene messo nelle botti piccole. Senno è, in bolognese, «al giudézzi». Ma apprezzo moltissimo chi si occupa della conservazione dei dialetti. La Madonna di San Luca era venerata in tutto il Bolognese vero e proprio, tanto in pianura, quanto in collina e in montagna. me lo diceva a proposito dello studio : ” tu devi studiare per fare domani un lavoro migliore del mio poiché non sei della classe sociale di quelli che i polan piser….. “. Indóv al dièvel an’pôl métter la tèsta, ai métt la cô= Dove il diavolo non può mettere la testa, ci mette la coda. Znèr sgambra lèt = Gennaio sgombera letti. L’é méi fîgh che fiûr = E’ meglio fichi che fiori. Si dice a chi dichiara un’età manifestamente inferiore a quella reale. Chi vuole una cosa a suo modo deve andare di persona. Proprio come l’effimero borbottio di una pallina di grasso che si strugge al calore. Se però la gobba era accompagnata da tre gobbi, eventualità assai improbabile, portava grande fortuna: “Tri gûb e ‘na gubéina , ‘na furtóna malandréina” (tre gobbi e una gobbina, una fortuna malandrina). I prît i i frè ed caritè i én prîv, i prèghen i môrt par freghèr i vîv = I preti e i frati di carità sono privi, pregano i morti per fregare i vivi. No! Anch’io provo un po’ di nostalgia per il nostro dialetto perduto. Il dialetto ti fasciava, ti avvolgeva, nominava le cose che ben conoscevi, la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi animali, le tue piante, con nomi diversi e paralleli a quelli della lingua italiana. Tótti al vaulp al s’câten dal plizèr = Tutte le volpi si ritrovano dal pellicciaio. In questi giorni non sono stata a casa e non ho potuto rispondere subito al suo commento. È tuttavia difficile che le lucertole escano dai loro rifugi invernali il 21 gennaio. Ciao Massimo, benvenuto dove si parla dialetto. Sono una studentessa e vorrei fare una ricerca colle persone giovani (hanno tra i 18 e i 26 anni) che possono parlare in dialetto, quello di Emilia-Romagna incluso. ( com’e’ , come non è al padrone la ragione , al contadino la prigione ), Una filastrocca : Zirudela in vatta i cop La chioccia conosce i suoi pulcini (gli altri no). (Lungo disteso). Chi ha pôra, an magna taiadèl = Chi ha paura, non mangia tagliatelle (Il mondo è degli audaci). Svelto e prudente lo agguantò e per quel giorno non lavorò più. Per non parlare del romanesco o napoletano. Ciao, La moglie si offende ed ha perfettamente ragione, perché il dondolo a cui si riferisce il marito non è, come si potrebbe pensare, un gioco. Pieve di cento oppure Cento di Ferrara. la frase sicuramente è bolognese. Grazie Franco, Ciao a tutti, ciao Spera. Persona scaltra, maliziosa, furba. Gât e león, fôra dai quaión = Gatti e leoni fuori dai coglioni (dai piedi). Andèr a Ramma sàinza vaddér al Pèpa = Andare a Roma senza vedere il Papa. Ormai nella mia città, Bologna, tutti parlano italiano. Côs da dîr satta a la fûga = Cose da dire sotto la cappa del camino. Quand la picàja la’s’frósta, l’ânma la s’ajósta = Col passare degli anni e col diminuire degli stimoli sessuali, l’uomo e le donna pensano più all’anima che al corpo. Si mettevano tre noci o nocciole accostate ed una quarta sopra le altre. Al cûl ch’an ha mai cnussó la camisa la prémma vôlta ch’al la vadd, al s’maravàjja = il culo che non ha mai conosciuto (avuto) una camicia, la prima volta che la vede prende paura. Ciapèr al fôrt = Prendere il forte, cioè inacidire (del vino). Avàir di madón al saul = Avere delle zolle al sole. Al Sgnaur dîs: aiûtét ch’a t’aiuterò anch’a mé = Il Signore dice: aiutati che ti aiuterò anch’io. Completerò la campana di San Simone, appena il tempo (assai tiranno) me lo consentirà. A l’ômén, quand manch a i pàinsa, a i pióv dal zîl la ricumpàinsa = All’uomo, quando ci pensa meno, dal cielo arriva la ricompensa. Non trovo il modo per comunicare con il sito ed allora scrivo qui. Vanda chi pôl, campra chi sa, e chi é quajàn ch’al staga a ca’ = Venda chi può, compri chi sa e chi è coglione se ne stia a casa. Gesó Crést, padran dla laggna, al mûrs dal fradd = Gesù Cristo, padrone della legna, morì dal freddo. Armagnèr salè = Rimanere salata, o di sale. Così usavano dire le contadine del proprio marito. Lui sorrideva, immobile nella cassa di cristallo. L’é catîv cumpâgn al lói = E’ Cattivo come loglio. Imbariègh dûr. Andando verso la primavera si allungano le giornate e rimane meno tempo per filare perché le ore di luce debbono essere utilizzate per i lavori nei campi. Fare i piedi a un insettuccio minuscolo come il moscerino non deve essere impresa facile, tuttavia c’è a Bologna chi sa fare meglio. = Cuculo, cuculo dalla penna grigia, fra quanti anni mi sposerò? Il dialogare è fitto e a voce alta, ed è tutto da godere. Di persona che parla con voce bassa e continua, facendo un rumore simile a quello di un insetto chiuso in un fiasco. La Venusta, moglie di Callisto, domiciliato in via Miramonte, si reca dalla vicina di casa l’Argia, moglie di Archimede, conosciuto come «al drétt» (il dritto). Molto diffusa nella pianura bolognese e nell’alto ferrarese era fatta durante l’inverno quando si uccideva (“si investiva”, ho provato a scriverlo in dialetto, ma non ci sono riuscita ) il maiale (al ninen). Nel mese mariano, ogni sera si recitava il Rosario davanti all’immagine della Vergine poste nel “Pilastrini” o sui tronchi potati a fioriera, lungo le strade. E’ difficile, infatti, tradurre con una parola sola, un modo di dire bolognese, perciò si ricorre ad esempi. (Per conoscere un un bolognese,ci vuole un anno e un mese;e poi quando l’hai conosciuto,non lo conosci quanto lui conosce te. Mèrz, marzàn, cûsum al cûl e brîsa al mustâz = Marzo, marzaccio, cucimi il culo e non i baffi (il volto). Chi magna in pî, magna par trî = Chi mangia in piedi, mangia per tre. Si racconta che un giovane commesso, durante un’assenza del principale, andasse a pescare nel bussolotto e che, forse per vincere gli scrupoli che lo facevano esitare, o per fa tacere la voce della coscienza, prima di compiere il furto, mormorasse: «Scûsum, buslôt, se at dâg un scuplôt». La mia mamma ( di nome Maria, fra l’altro nata il 2 febbraio), non è stata ammessa in chiesa fino al 40° giorno della mia nascita …. Truvèr la pâpa bèl e fâta = Trovare la minestra già pronta. Leggera / cosa non pesante / discolo (con una sola “g”) Uno dice: «L’anno prossimo vinciamo il campionato». I prémm pipién chi nasen i én i prémm a métter la crasta = I primi pulcini che nascono sono i primi a mettere la cresta. Alle rimostranze del primo, incredulo, rispose: Scûrta al buratèl…. Al sêt che ägli òt ai vén cal nôv dutåur ch’al dî, E lé: åu, arcôrdet bän, té! Da non perdere: il Parco Naturale Monte Corno un’oasi protetta ideale per escursioni e passeggiate. Una signora di nome Bianca, era nata con un difetto non tanto visibile, ma la gente diceva che «l’éra un póc in drî» (un po’ indietro, una che non capiva bene le cose). Uno che evita anche le gocce d’acqua = schivagàzz. I an na fórza che con un pógn i scuezzén na fatta ed pulänt!» (Hanno una forza che con un pugno schiacciano una fetta di polenta). Di chi non sa fare nemmeno le cose più facili. Èser in dû can a pluchèr un ôs = Lett. Si deve fare una tara sulle ricchezze ed i meriti attribuiti alle persone. Èser in brègh ed tàila = Essere in braghe di tela. Quand l’é pasè al “Barbuto”, al “Freciuto” e al “Ptnè”, côsa pôlel fèr ed mèl? Quand al piôv al dé dl’Inzariôla, da l’invêren a sàin fôra = Quando piove il giorno della Candelora (2 febbraio) siamo fuori dall’inverno. Dèr l’asiôl a ón = Cacciare in malo modo una persona . probabilmente il richiamo ai Visigoti non è altro che l’indicazione di gente “barbara” e senza educazione. Premettendo che il tracciato è piuttosto variabile nel corso del tempo, l'itinerario pubblicato dal sito della Città Metropolitana di Torino[4], segnato da volontari col simbolo verniciato del "pellegrino giallo", entra al confine con Torino sull'argine destro del Po, proveniente dal Parco del Meisino, continua così fino al centro e da lì segue più o meno da vicino l'argine destro del Canale Cimena fino alla zona del Pedaggio Vecchio, proseguendo poi per Gassino, Chivasso e il vercellese[5]. Tótt i mîs cambia la lónna, tótti i dé as n’impèra ónna = Tutti i mesi cambia la luna, tutti i giorni se ne impara una. bujè, bujarii = boiata, cavolata, “cazzata” …, Grande e grazie Speradisole ! Fino a pochi anni fa ai Giardini Margherita di Bologna o alle fiere dei paesi nei dintorni della città, venivano allestiti teatrini di burattini, in cui i due personaggi Sganapino e Fagiolino, facevano divertire centinaia di bambini, affascinati dalle proverbiali bastonate che si davano a vicenda e dai loro litigi per futili motivi. Forse perché i parassiti attaccavano preferibilmente coloro che avevano il sangue sano e, quindi, più nutriente. Contenuto trovato all'interno – Pagina 27San Martino delle Scale . Al Vecchio Mulino , tel . 091/418617 , 40 coperti , da 30.000 lire . Angela Martorana prepara gustosi piatti locali . Avàir la panza a la gaula = Avere la pancia alla gola. Ti aspettiamo! Chi é sgnè da Dio è sgnè da î ômen = Chi è segnato da Dio, è segnato anche dagli uomini. Sarai pure uno dei nostri! Chi é int’l’óss, da impâz a tótt = Chi è fermo sulla soglia, impedisce il passaggio a tutti. A sera tutti tornavano a casa «Ch i avêven i ûcc’ ed vaidér» (Che avevano gli occhi vitrei). Saluti cari anche a te. Chi ha la brîga, s’la dsbrîga = Chi ha la bega, la risolva. La notte di San Giovanni era la notte delle streghe e dei miracoli. Par San Lócca, chi n’ha summnè a se splócca = Per San Luca (18 ottobre) chi non ha seminato si dispera (si strappa i capelli). La sera, quando la casa è già immersa nel silenzio, si sentono all’improvviso delle grida. Métter la schénna al mûr = Mettere la schiena al muro. Ciao Ornella, un abbraccio. Fèr e dsfèr, l’é tótt un lavurèr = Fare e disfare è tutto un lavorare. Metter só al brôd con la zónta. DerbyVille.com - Horse Racing Nation - Online Racing - The original large scale horse racing simulation game and management game A Bologna di un tipo del genere si dice che: «l é péṅna ed lasemstèr» è piena di “lasciamistare”. Non avere alcun potere o godere di poca reputazione. Contenuto trovato all'interno – Pagina 159... 140, 141 Porto Nuovo Porto Vecchio Portoferraio 145, 150, 151 Forte Falcone Forte Stella Villa dei Mulini Villa Napoleonica di San Martino Prato 91, ... I fât l’én mâsti e al ciâcher én fammen = I fatti sono maschi e le chiacchiere femmine. “Spera di sole” era il nome dell’antologia, fra i miei libri di scuola….. grazie per questa stupenda pagina, bella come il nostro dialetto ! Nacquero leggende. par la sfessa d’la stanela Era una vecchia superstizione, ora scomparsa, perché quelle suore hanno cambiato modo di vestire. (Par cgnosser un Bulugnèis al vol un an e un meis;e po quand t’l’hè cguuso,t’an cgnoss brisa cum at canoss lo.) All'arrivo dei rivoluzionari francesi i beni dell'abbazia furono confiscati e nel 1803 vennero venduti all'asta per la rilevante somma di 22.000 Lire. Si diceva, in particolare, dei polli e dei volatili. Quand al gâl canta da galénna, al pulèr al va in arvénna = Quando il gallo canta da gallina, il pollaio va in rovina. riposano in serenità, Prît e frê, d’caritè i én prîv: i prèghen i môrt par freghèr i vîv = Preti e frati di carità sono privi: pregano i morti per fregare i vivi. Aldo, Fabio aprile 26, 2011 alle 3:48 pm | Modifica | Replica La Gisella e la Cleonice sorridono divertite, ma la Fonsa, che ama far l’ingenua, mostra di non gradire le attenzioni dei due e li aggredisce con un: «Cretini» che fa voltare la gente. Al settimanale sembrò una trovata magnifica, ma per coloro che non erano della stessa idea politica, l’omino con tre buchi nel naso delle vignette assunse un chiaro significato offensivo.
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