27 gennaio 2021 TAR. Nelle procedure di affidamento sottosoglia, l’art. 36, comma 5, introdotto dal D.L. n. 32/2019, e poi abrogato dalla L.55/2019, prevedeva che “le stazioni appaltanti possono decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la procedura. Se si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti verificano in maniera imparziale e trasparente che nei confronti del miglior offerente non ricorrano motivi di esclusione e che sussistano i requisiti e le capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla stazione appaltante; tale controllo è esteso, a campione, anche sugli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara. (…)”. Il Tar Puglia, nella sentenza n. 1631/2020, ha spiegato che «la ratio di tale disposizione, con riguardo alle verifiche da estendere, sebbene a campione, ad “altri partecipanti”, sembra essere stata concepita per fissare la platea di offerte realmente ammissibili ed evitare, in sostanza, che soggetti privi dei requisiti potessero contribuire alla determinazione della soglia di anomalìa». Tuttavia «tale intento ha ben presto evidenziato una controindicazione, ossia che, posticipandosi la verifica dell’ammissibilità dei concorrenti ad un momento successivo all’esame delle offerte (e ciò in applicazione della inversione procedimentale), si sarebbe frequentemente – e, si direbbe, fatalmente – determinata una modificazione della platea originaria dei concorrenti partecipanti alla gara, il che avrebbe reso necessario, quasi come evento normale, il ricalcolo della soglia di anomalìa».