12 giugno 2020 CDS. Il Collegio ritiene necessario richiamare – come opportunamente ha fatto il giudice di primo grado – i principi generali che regolano la materia del sindacato del giudizio di non anomalia dell’offerta, perché utili al fine del decidere.
Giova premettere che la verifica di anomalia è esclusivamente volta ad accertare la complessiva attendibilità e sostenibilità dell’offerta migliore presentata in gara alla stregua dei principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost.; l’unico fine della corrispondente valutazione della congruità dei prezzi offerti e dei costi proposti è, quindi, quello di evitare, da un lato, affidamenti ad offerte che nel loro complesso non appaiono suscettibili di buon esito riguardo agli interessi pubblici perseguiti e, dall’altro, comportamenti di dumping contrari al principio di libera concorrenza in un mercato regolato, senza in alcun modo pregiudicare il confronto concorrenziale fra le diverse possibili tecnologie e strategie imprenditoriali e senza, evidentemente, sovrapporsi alla necessità di un costante monitoraggio amministrativo e di un efficace presidio giurisdizionale della successiva fase attuativa, posto che la bontà dell’esecuzione del rapporto contrattuale – e, quindi, la realizzazione dell’interesse pubblico perseguito – non sono necessariamente rapportate al maggiore costo dell’offerta prescelta (Cons. St., sez. III, 2 marzo 2020, n. 1470).
Aggiungasi che, come insegna una ormai costante giurisprudenza (tra le tante, Cons. St., sez. V, 27 gennaio 2020, n. 680; id. 12 febbraio 2020, n. 1062; id. 12 marzo 2020, n. 1772; id., sez. III, 12 ottobre 2018, n. 5880; id. 11 ottobre 2018, n. 5857; id., sez. V, 29 dicembre 2017, n. 6158):
a) nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. St., sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; id., sez. III, 6 febbraio 2017, n. 514);
b) al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2017, n. 607 e 25 gennaio 2016, n. 242; id., sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211 e 10 novembre 2015, n. 5128);
c) la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5798);
d) in sede di verifica dell’anomalia, sono modificabili le giustificazioni, ed in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica, in ossequio alla regola di immodificabilità dell’offerta (Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2020, n. 88).
Va ancora ricordato che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto se la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, cioè se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell’azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala (Cons. St., sez. V, 3 aprile 2018, n. 2053).